È noto come i luoghi in cui si sono trovati reperti archeologici di insediamenti abitativi nella zona intorno a Cesenatico siano più di uno, identificati dalle testimonianze documentali con nomi diversi; la storia e l’archeologia forniscono, per il periodo dell’età repubblicana, il toponimo Tabernae Cossutianae

Le tracce più rilevanti per questo insediamento sono ipotizzabili in quelle rinvenute negli scavi eseguiti nell’area nota come Ca’ Turci, nei terreni fiancheggianti la via Canale Bonificazione; in particolare i resti di una fornace e di materiale tipico delle attività che si svolgevano in questo edificio, come laterizi (in particolare mattoni manubriati), anfore, ma anche frammenti di piccole statue.

Si pensa che il periodo in cui esisteva una comunità di lavoratori in questo luogo fosse quello che andava dal II al I secolo a.C.; sarà solo più tardi, nel periodo dell’impero che va dal I al IV secolo d.C., che si ipotizza invece l’antico insediamento che gode di maggiore fama, almeno presso il grande pubblico, quello denominato Ad Novas.

Nel seguito di questo lavoro si vuole tentare l’analisi dell’origine del toponimo Tabernae Cossutianae.

Per il primo termine non ci sono problemi. La taberna era un luogo dove si offriva ospitalità ai viaggiatori fornendo loro cibo e foraggio per gli animali (la loro esistenza era stabilita per legge, in funzione della distanza da centri abitati di maggiore rilevanza). Era più grande e più articolata di una semplice mansio (dove invece si potevano avere nuovi cavalli in cambio di quelli affaticati); al suo interno potevano svolgersi anche attività commerciali, fungere da magazzino per merci di vario tipo, ed erano amministrate da un titolare (tabernarium) che generalmente alloggiava in una piccola abitazione annessa alla taberna. Era gestita dallo stato, ma i privati potevano concorrere economicamente a questo “affare economico” accorpando a proprie spese alla taberna alloggi di loro proprietà (cauponiae); nonostante l’assonanza dei termini non vanno confuse con ciò che in italiano chiamiamo oggi “taverne” o “osterie” che presso i romani si chiamavano invece, popinae.

Il nome tabernae era così tipicamente identificativo del commercio che quando i banchieri cominciarono a svolgere la loro attività in ambienti diversi da quella che era la loro abitazione, tali edifici furono definiti tabernae argentariae.

Per quanto riguarda il secondo termine è molto probabile che tragga origine da una famiglia romana (gens); è noto infatti che tra le gens romane esisteva quella dei Cossutii: la gens Cossutia era una famiglia di rango equestre[1] dell'antica Roma. Da alcuni commenti di Cicerone a riguardo delle Cossutianae tabulae si ritiene che i Cossutii provenissero originariamente dalla Gallia Cisalpina, e più precisamente dai territori presso Cesena.

I documenti storici ricordano alcuni di loro:

  • Decimus Cossutius, un architetto romano, era noto per aver ricostruito il tempio di Zeus Olimpioad Atene, nel 168 a.C.
  • Marco Cossuzio, era uno dei cavalieri dell’esercito romano (equites), che visse in Sicilia durante l'amministrazione di Verre.
  • Cossutia, nata in una famiglia molto ricca, fu proposta dalla propria famiglia come moglie a Giulio Cesare che, però, rifiutò; Cesare ritenne più proficuo per la sua carriera politica sposare Cornelia Cinna Minore, figlia di Lucio Cornelio Cinna, personaggio importante nel partito di Gaio Mario.
  • Gaio Cossutius Maridianus,triumvir monetalis[2]sotto Giulio Cesare nel 44 a.C. Le monete di questa gens recano i nomi Maridianus e Sabula.
  • Cossuzio Menelao, scultore greco e poi cittadino romano, dopo essere stato reso “liberto” dell’imperatore Tiberio.
  • Marcus Cossutius Cerdo, scultore, fu autore di una statua in marmo di Pan giovanile attualmente al British Museum di Londra, datata dal 50 al 25 d.C.
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Sopra, le monete riportanti il nome Cossutio. Sotto, la statua di Pan di Marcus Cossutius Cerdo esposta al British Museum di Londra.

Di altri si hanno solo informazioni più scarne:

  • Gaius Cossutius Saturninus, soldato della VI Legio Victrix, in Britannia. Di lui si è trovata nel 1961 la pietra tombale durante gli scavi del forte romano di Banna (odierna Birdoswald, in Cumbria – la fortificazione fu attiva dal 112 al 400 circa) sul Vallo Adriano. Il reperto si trova attualmente presso il Tullie House Museum and Art Gallery, di Carlisle, in Cumbria.
  • Cossutius, non meglio identificato. In un cimitero cristiano databile attorno al 200 d.C. è stata rinvenuta la seguente iscrizione: D(IS) M(ANIBUS) COSSUZIO EUTYCHES AURELIAE ROMANAE CONIUGI KAR(ISSIMAE) DULCIS(SIMAE) BEN(E) M(ERENTI) FECIT CUM QUO VIX(IT) ANN(OS) XXVIII SECONDO(A) PARTHICA SEVER(IANA) FAVIANO MUC(IANO) CON(SULIBUS) III IDUS APRILE(I) - [Agli dei Mani. Cossutius, sposo di Eutyche Aurelia, fece questo monumento per la sua sposa romana, carissima e dolcissima, con la quale visse ventotto anni, membro della legio II Parthica Severana, sotto il consolato di Faviano e Mucio, tre giorni prima delle idi di aprile[3]].
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La lapide del soldato scoperta in vicinanza del Vallo di Adriano

La storica britannica Elisabeth Rawson ha condotto uno studio sulla gens Cossutia ipotizzandone un’origine volsca del Lazio meridionale (anziché della zona cesenate come abbiamo visto ritenesse Cicerone); entrata in Senato agli inizi del I secolo a.C. vi mantenne suoi rappresentanti fino al 40 a.C. Ma soprattutto, come ha fatto rilevare l’archeologo Mario Torelli[4]: «… In uno studio molto ben documentato Elisabeth Rawson indaga sulle eventuali parentele dei vari Cossutii, ricordati in varie città (Atene, Delos, Paros, Anthiochia, …) [ … ] … tutti ricordati come scultori, o comunque aventi a che fare con l’arte delle costruzioni …». (Abbiamo visto, infatti, tre scultori nella lista dei Cossutii ricordati dai documenti storici).

Sempre secondo la Rawson la famiglia continuò ad occuparsi di commercio anche dopo la scomparsa dei propri familiari nel Senato, con rappresentanti conosciuti nelle zone legate alle attività edili, alle cave di marmo, ai porti.

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Un frammento di statua ritrovato a Ca’ Turci ora all’Antiquarium di Cesenatico.

L’insieme di queste informazioni permette di proporre delle ipotesi.

La gens Cossutia, per quanto di origine plebea, migliorò la propria posizione sociale fino a raggiungere il rango equestre; ciò permise ad alcuni membri di pervenire a ruoli più importanti. Importanza non paragonabile a quei famosi cittadini romani che conosciamo dai libri di storia, ma tale da meritare comunque qualche breve citazione documentale.

 

Alcuni di loro furono militari, altri magistrati incaricati del controllo della circolazione monetaria, altri ancora architetti, e comunque con uno stato patrimoniale tale da sentirsi autorizzati a proporre una loro consanguinea come sposa a Giulio Cesare.

Il ritrovamento di materiali edili presso gli scavi di Ca’ Turci, oltre a mattoni e anfore comprendeva, come abbiamo visto, anche piccole statue; alcuni frammenti di queste sono stati studiati dall’archeologa Barbara Farfaneti, e sono esposti presso l’Antiquarium di Cesenatico[5].

Tutto ciò sarebbe perfettamente in linea con il possesso, da parte di questa famiglia, di una struttura manifatturiera di materiali edili (la fornace di Ca’ Turci) nei territori cesenati (anche se questo non era il loro luogo di origine ma solo un territorio dove possedevano delle proprietà – e questo potrebbe spiegare l’idea di Cicerone che provenissero da tale zona).

Inoltre non bisogna farsi fuorviare dal fatto che la professione di “fabbricanti di mattoni” fosse in antitesa con quella di “architetti”; presso i romani questi professionisti non erano, come siamo abituadi ad intendere oggi, solo le persone che si occupavano dell’aspetto progettuale ed estetico di edifici importanti, ma anche coloro che, all’occorrenza, si dedicavano alla parte commerciale ed amministrativa della loro attività, si interessavano degli aspetti pratici delle costruzioni fino a sporcarsi le mani, se necessario, come i propri dipendenti.

Una figura più simile a quella che oggi chiamiamo “capo cantiere”, e questo modo di comportarsi riflette molto bene l’affermazione della Rawson che questa famiglia “…continuò ad occuparsi di commercio anche dopo la scomparsa dei propri familiari nel Senato, con rappresentanti conosciuti nelle zone legate alle attività edili, alle cave di marmo, ai porti…”.

I Cossutii, quindi, potrebbero essere stati i proprietari di una fornace in una posizione all’incirca equidistante tra Ravenna e Rimini, e proprio per questo motivo giudicata dai romani adatta alla costruzione, nelle sue immediate vicinanze, magari in un primo tempo di una mansio, successivamente trasformata in una taberna.

Da questo dare alla taberna il nome di una struttura già esistente il passo è breve.

Come si è affermato precedentemente, quanto esposto non può che essere solo un’ipotesi. Troppo pochi e troppo scarni gli elementi documentali attualmente disponibili e, probabilmente, introvabili altri dati che permetterebbero di confermare o confutare la cosa.

Negli anni successivi a quelli già ricordati, della gens Cossutia si è persa la traccia storica.

[1] Essere di rango equestre significava possedere il privilegio di essere soldati a cavallo nell’esercito.

[2] Nell'antica Roma i tresviri monetales erano magistrati che controllavano la regolarità delle emissioni monetarie.

[3] Henri Leclercq: Militarisme, in: Dictionnaire d'archéologie chrétienne et de liturgie, Ed. Fernand Cabrol & Henri Leclercq, Parigi, 1932.

[4] M. Torelli: Industria estrattiva, lavoro artigianale, interessi economici: qualche appunto. Su Memorie dell'American Academy in Rome, vol. 36, Il commercio marittimo dell'antica Roma: studi di archeologia e storia (1980) pp. 313-323, University of Michigan Press.

[5] La Farfaneti ha espresso le sue analisi e considerazioni nel libro: Cesenatico romana. Archeologia e territorio, a cura di D. Gnola, Edizioni del Girasole, Ravenna, 2000.