TARXIES
Storia

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In questa pagina vengono riportati alcuni lavori riguardanti la storia di Cesenatico, prodotti in vari periodi di tempo, in attesa di essere ospitati in altro sito dedicato (purtroppo mai nato).
E’ parso opportuno non disperdere questi lavori in quanto portatori di informazioni inedite sulla storia di Cesenatico, e quindi utili allo sviluppo di ulteriori ricerche, secondo quello che è un desiderio fondamentale del sito stesso.
Abbiamo assistito con piacere ed interesse alla manifestazione “La Valona, immagini di un borgo di mare” tenutasi a Cesenatico agli inizi di ottobre 2016, organizzata dalla Cooperativa Casa del Pescatore con il patrocinio del Comune di Cesenatico.
È auspicabile l’incremento di altre manifestazioni di questo genere, che oltre a tramandare la storia del nostro paese, riesce a tenere vivo l’amore per le proprie tradizioni professionali, e cementa la coesione tra quelle persone che proprio di queste professioni si occupano.
In quell’evento una serie di fotografie mostravano momenti di vita quotidiana della zona chiamata generalmente “la Valona”, e si faceva riferimento all’attività professionale degli abitanti di quell’area, che veniva considerata essere la pesca.
Sperando di non essere considerati persone eccessivamente “pignole” e nella dichiarata intenzione di non voler correggere nessuno, si ritiene comunque possa essere interessante dare qualche informazione in più rispetto a quelle che vengono veicolate dalle immagini mostrate; l’unico interesse che ci muove è quello di fornire altri dati a chi volesse, eventualmente, approfondire la storia di questa zona del nostro paese.
Il termine “Valona” nasce probabilmente dal fatto che, procedendo da Cesenatico verso Cervia, ci si inoltrava sempre di più in quell’area umida e paludosa che forniva alla stessa Cervia il topos adatto alla creazione degli impianti per la produzione di sale dall’acqua marina (le attuali famose “saline”) e che fornì poi alle popolazioni che abitavano nel ravennate la possibilità di bonificare ampie zone di terreno destinandole all’agricoltura[1] (per la loro estensione, ancor oggi, queste zone agricole sono chiamate, nello stesso ravennate, “le larghe”).
Un’ampia zona paludosa, quindi una grande valle, una “vallona” appunto, da cui in dialetto “la Valona” (ricordiamo, per inciso, che le “consonanti doppie” nel dialetto romagnolo non si usano). (ved. Fig. 1)
Questo concetto della zona paludosa esistente ormai “solo” a nord di Cesenatico era entrata nella mentalità corrente, soprattutto dopo la bonifica dei bacini saliniferi cesenaticensi ormai completamente interrati alla fine del “700 grazie all’escavazione del cosiddetto “canale di bonificazione” (che finirà poi per identificare una zona del paese e, successivamente, una strada).
Fig.1
Una antica immagine della zona “ponente” (fine “700) quando ancora vi erano ampie zone incolte (nell’immagine indicate con la dicitura (“…capani e conserve nel suolo della Communità …”). È questa la zona che, nella manifestazione citata, viene indicata come “la Valona”.
Questa zona aveva comunque una sua “diversità interna” soprattutto per quanto riguardava le situazioni lavorative; pur in una condizione economica generalmente simile, ma inferiore a quella degli abitanti di “levante” (salvo rare eccezioni) anche in questa se pur piccola zona del paese c’era una ulteriore divisione, sopratutto nei compiti: le famiglie dedite alla pesca, od a professioni relative ad essa, abitavano generalmente le case prospicienti al canale o nelle immediate vicinanze, mentre chi si occupava di altri lavori trovava posto nelle strade più interne e nelle zone a nord.
Tra questi “non pescatori” una categoria particolarmente importante era quella dei “birocciai”, coloro che si occupavano del trasporto delle merci; categoria importante perché di sostegno alla pesca, in quanto offriva la possibilità di movimentazione di tutte quei prodotti senza i quali non può svilupparsi nessuna attività: dalle merci varie imbarcate sulle barche da trasporto (non dimentichiamo che, prima di essere pescatori, i marinai di Cesenatico svolsero un importante lavoro nel trasporto marittimo) fino a quelle necessarie alla marineria stessa (legname per la costruzione delle barche, derivati della canapa per la fabbricazione dei cordami, la scaja, calce viva destinata agli zuccherifici del ravennate, ecc …).
Il loro nome derivava dal “biroccio”, (la broza in dialetto) carro a due ruote trainato generalmente da cavalli da tiro, che proprio negli animali si differenziava da quello usato nelle campagne, dove il traino si otteneva più spesso con una coppia di buoi; il nome è una derivazione dal latino bis rota, ossia “doppia ruota”.
Tra le famiglie dei birocciai ci vengono alla memoria alcuni abitanti della zona, come Struscion, che abitava all’inizio di via Squero (all’intersezione con via Mazzini) possessore di un biroccio e di un cavallo (lo stesso acquistò poi una carrozzella, dato che queste persone, con l’avvento del turismo, avevano pensato bene di aggiungere al biroccio anche una carrozzella più elegante per i turisti); Lungoni, con un piccolo biroccio trainato da un asino, i due fratelli Pistola; Pasaréin ed il suo vicino di casa, Camèl.
Questa stratificazione sociale non cambiò neanche dopo l’immigrazione di famiglie provenienti da Chioggia e da San Benedetto del Tronto, che, composte generalmente da pescatori, si stanziarono quasi totalmente nella zona di “ponente”.
Fig.2
Una immagine ottocentesca di un biroccio trainato da due buoi, con il conduttore che reca in mano il “pungolo” per gli animali.
Con l’aumento della popolazione di “ponente” si cominciò a suddividere la zona in “sottozone”, fenomeno che nacque non a seguito di imposizioni ufficiali, ma dalla semplice abitudine della gente di identificare la propria zona abitativa non con il nome della via, come siamo abituati oggi, ma con un appellativo che identificava un’area con un elemento tipico dell’area stessa: i pescatori di “ponente” cominciarono ad identificarsi come quelli che stavano in tla Valona, in tla Marghéra o pré canèl, mentre quelli che esercitavano altre professioni abitavano generalmente in te Squér o in ti Semprèin, e, ultima nel tempo, la Bohème, un casermone all’incirca tra i ristoranti di Titon e Giuliano, dove abitavano, tra gli altri, i Simonetti, secondo una suddivisione che è, molto grossolanamente, quella riportata nella Fig. 3.
Fig. 3
La suddivisione della zona di “ponente” nelle “sottozone” ricordate.
1 – la Valona
2 – la Bohème
>3 – e canèl
4 – la Marghéra
5 – i Semprèin
6 – e Squér
Allo stesso modo, per altre parti del paese, c’era chi abitava in piaza (in piazza, che, a quei tempi era una sola, la Piazza Maggiore, oggi Piazza Pisacane) chi e’ sta di fré (chi abitava vicino alla chiesa di san Nicola, allora gestita dai frati cappuccini) chi dria al scoli (nelle vicinanze della scuola in via Saffi) o ancora e’ mont, l’ampia zona un tempo scoperta, oggi destinata a parcheggio adiacente al convento dei Fratelli di san Francesco, lato mare, ed un tempo spazio di giochi per generazioni di bambini cesenaticensi.
Non ce ne vogliano altri abitanti del paese se ci limitiamo solo a queste zone, che sono solo le prime che ci vengono alla memoria.
Era ciò che rimaneva della vecchia abitudine, nata nell’Italia dei Comuni, di abitare in zone suddivise per categorie lavorative (allora si diceva “per corporazioni”) e che rimane particolarmente identificabile in quelle strade che ancora si trovano in grosse città italiane, come Bologna o Firenze, dove esistono ancora delle “via dei lanaioli”, o “via dei lapidari”, anche se da noi questa tradizione giunse ormai annacquata dal tempo e dalle diverse e particolari situazioni sociali.
Fig. 4
Una vecchia immagine della zona dello squero (inizi “900) che mostra come a nord dello stesso ci fosse un’ampia zona alberata e libera da costruzioni (si notano, anche se con qualche difficoltà, alcuni pagliai). In questa zona c’erano le abitazioni dei birocciai, e per le strade qui presenti transitavano i carri per le merci dirette al carico ed allo scarico delle imbarcazioni.
[1] La bonifica per questioni di igiene pubblica delle saline di Cesenatico, appartenenti alla Camera Apostolica, coincise con l’ampliamento di quelle di Cervia ed allo spostamento di quella stessa città verso il mare (nella attuale posizione). La Camera Apostolica non voleva infatti diminuire la produzione del sale, fonte di guadagni sicuri: un altro esempio di come la storia, per quanto “locale”, dovrebbe essere sempre vista in un’ottica allargata.