TARXIES
Storia

TARXIES
Storia
Nella mentalità più diffusa tra i suoi abitanti, Cesenatico nasce come un’appendice sul mare della città di Cesena.
Sebbene sia sufficientemente nota la storia, nei pressi dell’attuale Cesenatico, di un abitato dell’età romana che portava il nome di Ad Novas, è anche altrettanto noto come questo insediamento abbia avuto una vita a parte, abbastanza indipendente da quella che fu poi la futura Cesenatico; per questo motivo (ed anche per la similitudine fonetica dei due toponimi[1]) si fa risalire il paese alla decisione dei cesenati di garantirsi un porto che fornisse loro possibilità di avere un affidabile testa di ponte commerciale.
Per quanto sia sicuro che la zona fosse abitata anche dopo il declino di Ad Novas, si è sempre data poca importanza a questo periodo, rimandando l’inizio “nobile” della sua storia alla decisione cesenate.
Poi l’inizio di una campagna di studi e le relative ricerche sul campo, iniziate negli anni “60 da Bruno Ballerin e continuate fino a poco tempo fa, e le ultime campagne di scavo condotte da Denis Sami, hanno invece portato alla luce una storia molto importante di quelle popolazioni in questo periodo, diciamo così, “dimenticato”.
È emersa un’importante presenza, civile e commerciale, della Cesenatico (continuiamo a chiamarla in questo modo, indipendentemente dal vero toponimo del periodo, tanto per intenderci) di quei tempi, una presenza che probabilmente non è stata annullata dalle nuove infrastrutture costruite da Cesena e dall’immigrazione sulla costa dei suoi abitanti, ma che si è affiancata a quella fino ad arrivare alla situazione attuale.
Se questa concomitanza dell’evoluzione di due diverse[2] popolazioni deve essere dimostrata da studi archeologici e storici, esistono già, comunque, delle indicazioni che ci permettono di ipotizzarla: si tratta di considerazioni di tipo storico e documentale, rintracciabili in quello che già oggi sappiamo della storia di Cesenatico.
Innanzitutto le mappe.
Molte di queste portano l’indicazione di due diversi insediamenti: uno definito a volte Cesenatico, Porto Cesenatico, a volte Cesenaticus Opidum, ed uno invece come Porto di Cesena (o anche Cesenatico Porto di Cesena); questo ad indicare che comunque c’erano due diversi gruppi abitativi, per quanto molto vicini, ma che discendevano da scelte di vita diverse: uno destinato a garantire un ponte tra Cesena ed la costa, inerente a motivi di commerciali di tipo marittimo, ed uno che era quello di una piccola comunità che già viveva nella zona occupandosi di pesca (in genere valliva o, se marittima, comunque con scarse uscite in mare aperto – la marineria di questo tipo nascerà più tardi, importata prima dalle popolazioni venete e poi marchigiane).
Una delle tante mappe della regione che mostra la presenza di due diversi poli abitativi a Cesenatico.
da:
S. Faini - L. Majoli
La Romagna nella cartografia a stampa dal Cinquecento all’Ottocento.
Luise, Rimini, 1992
C’era in realtà anche un terzo polo, quello delle campagne, che orbitava attorno all’attuale Sala di Cesenatico, e che probabilmente aveva contatti con entrambi i gruppi (scarsi, c’è da pensare, vista la mentalità tipica di tutte le culture contadine).
Se gli “autoctoni” erano in prevalenza dediti alle attività marinare, con la creazione del Porto di Cesena cominciano a giungere da Cesena persone di diverso grado sociale e con diverso impegno professionale: commercianti, imprenditori, militari, professionisti e, non ultimi, qualche nobile; questa diversa provenienza e, soprattutto, estrazione sociale fu probabilmente un ostacolo all’integrazione tra i due gruppi, fenomeno che durò molto tempo e che ha lasciato traccia anche nell’evoluzione sociale ed architetturale del paese.
Le ricerche condotte qualche tempo fa dagli autori di un lavoro sulla storia dei frati cappuccini a Cesenatico[3], ha evidenziato come si fossero creati due gruppi di abitanti che si distinguevano anche dalla frequentazione delle due maggiori chiese del paese: la parrocchia (prima quella di S. Maria in Valverde, successivamente quella di San Giacomo) erano frequentati dai ceti più abbienti, dai professionisti e commercianti (molti dei quali, di origine cesenate, trasferiti solo da poco a Cesenatico) e questo probabilmente anche per lo stretto contatto della parrocchia citata con il clero di Cesena; la chiesa di S. Nicola, retta da frati cappuccini, raccoglieva invece soprattutto il cosiddetto “popolo minuto”, quindi pescatori e lavoratori di quell’indotto (cordai – allora detti “canapini”- velai, ecc… ) .
A questo polo, più “popolare”, si aggiunsero poi famiglie provenienti da luoghi diversi: ad esempio i Mustioli, originari della Toscana e poi presenti nelle Marche, o i Bologhini[4], che preferirono avere contatti con questo polo, nel quale ritenevano di potersi ritagliare un posto di rilievo, piuttosto che misurarsi con la nobiltà di Cesena.
La stessa scelta, e per lo stesso motivo, la faranno poi anche i figli “cadetti” di alcune delle famiglie nobiliari di Cesena, che non volevano competere per un “feudo” con i loro fratelli maggiori.
A questa polarizzazione forse contribuì anche la polemica tra la Chiesa di Roma ed i francescani (mai del tutto risolta, almeno a livello non ufficiale) sul modo di intendere l’evangelizzazione. È probabile che lo strato popolare si sentisse più attratto dall’esempio del beato Cristoforo di Romagna (cognome secolare Ceseni) francescano, attivo in questa zona[5], ed alla figura del frate francescano Michele da Cesena. Quest’ultimo, nato attorno al 1270 (il cognome secolare era Foschi[6], o Fuschi). Insegnante di teologia a Parigi, pubblicò diversi scritti, che purtroppo non ci sono giunti ma dei quali si conoscono solo i commenti dello scrittore umanista Giovanni Tritemio.
Eletto ministro generale dell’ordine nel capitolo tenutosi a Napoli nel 1316 (era il periodo delle divisioni all’interno dell’ ordine tra gli “spirituali”ed i “conventuali” sul solito, annoso problema: la definizione sul tema della povertà di Cristo e sul modo di interpretarne correttamente gli insegnamenti) entrò immediatamente in conflitto[7], su questo tema, con il pontefice Giovanni XXII, che nel 1328, ad Avignone, gli intimò di non abbandonare la sede papale sotto pena di scomunica. Il frate riuscì comunque a fuggire, assieme a Guglielmo di Ockham, rifugiandosi presso nobili tedeschi. Rimane sconosciuto l’anno della morte[8].
Anche dal punto di vista della tipologia abitativa il paese si mostrava, in quel periodo, diviso in due: la gente di mare a Ponente ed i commercianti a Levante.
Le mappe e le illustrazioni del paese in quel periodo mostrano chiaramente che il traffico proveniente da Cesena, arrivato all’altezza del ponte di San Giuseppe (quello comunemente noto come “ponte del gatto”) girava verso sud, attraverso il ponte stesso, per proseguire poi sull’attuale via Giordano Bruno e da questa raggiungeva piazza Pisacane, il centro del paese.
Quando poi si realizzeranno quelle opere che generalmente si tendono a lasciare ai margini del paese (ad esempio il cimitero comunale e la stazione ferroviaria) la loro posizione verrà trovata a Ponente, mentre la Pescheria, favorevole agli interessi dei commercianti più che a quelli dei pescatori, sarà ubicata a Levante.
Sono segni evidenti di una mentalità radicata.
Con il periodo della dominazione veneta giunsero a Cesenatico popolazioni provenienti da Chioggia, si cominciò a diffondere la pesca marittima in mare aperto (fenomeno accentuato più tardi dall’arrivo delle popolazioni marchigiane, soprattutto dalla zona di S. Benedetto del Tronto, anch’esse con caratteristiche lavorative legate al mare) ma entrambe si integrarono nel “polo dei pescatori”.
Una prima inversione di questo fenomeno si nota con le guerre napoleoniche: documenti relativi all’arruolamento degli abitanti di Cesenatico nelle file dell’esercito di Bonaparte[9] ci mostrano come tra i volontari ci fossero cesenaticensi di tutti i ceti; questa passione politica, assieme a quella, successiva, repubblicana ed anticlericale del periodo risorgimentale, attenuò indubbiamente la distanza delle due anime del paese, sotto la spinta degli stessi ideali.
Uno degli ultimi elementi livellatori, indubbiamente carico di una tensione molto meno ideale, è stato l’avvento dello sviluppo turistico; di questo comparto economico si sono occupati cesenaticensi di entrambi i poli, ed inoltre è stato elemento di attrazione per persone provenienti dalla vicina campagna a da altre città, anche lontane dalla Romagna, favorendo un rimescolamento degli strati sociali.
Il fenomeno proseguirà probabilmente anche nel futuro, data la crescente globalizzazione dei fenomeni sociali mondiali e la presenza sempre maggiore di popolazioni provenienti dall’estero.
[1] Si coglie ancora una volta l’occasione per suggerire una ricerca che chiarisca come si sia passati dalla definizione “Porto di Cesena” al nome attuale del paese. È probabile che la soluzione debba essere ricercata tra le regole delle variazioni fonetiche della toponomastica dovute alle troncature tipografiche, abituali nelle scritture amministrative, piuttosto che in modificazioni derivanti da “pronunce” indotte da paesi vicini.
[2] Non deve essere frainteso questo termine, qui usato semplicemente per differenziare i due nuclei anagrafici.
[3] R. Cortesi, F. Cortesi, D. Manzelli; CESENATICO E I CAPPUCCINI, Ediz. Stilgraf, Cesena, 2014.
[4] Entrambi questi nomi si trovano in documenti ecclesiastici, che li ricordano tra i maggiori benefattori della chiesa di S. Nicola.
[5] C’è chi lo dice nato a Cesenatico, chi a Cesena, chi a Forlì. Un documento riporta: CESENI: Molto antica e potente famiglia, stabilita prima in Cesenatico e quindi in Cesena. Il Beato Cristoforo da Cesenatico dell'Ordine di S. Francesco appartenne a questa famiglia che si spense nel 1701. Tra le numerose opere che dell'argomento di questa famiglia han parlato il Blasone Bolognese. Sull'opera, troviamo questa famiglia in Emilia da molti secoli. Da "Armi gentilizie delle famiglie nobili e cittadine", Stampato per i tipi di Canetoli, Bologna, 1791, Tomo 3. Per approfondimenti su questa figura si rimanda al saggio: R. Cortesi; Una figura religiosa poco conosciuta: il beato Cristoforo di Romagna (“di Cesenatico?”) – Studi Romagnoli, LXIV 2013, Stilgraf, Cesena.
[6]A. Carlini; Fra Michelino e la sua eresia, Bologna 1912.
[7]C. Dolcini; Il pensiero politico di Michele da Cesena, 1328-1338, Faenza 1977; R. Lambertini, La povertà pensata. Evoluzione storica della definizione dell’identità minoritica da Bonaventura ad Ockham, Modena 2000.
[8] A riguardo della scelta della chiesa si ricorda come anche oggi, in caso di eventi religiosi particolari (come la benedizione impartita a imbarcazioni nuove) i pescatori preferiscono generalmente la presenza di un frate.
[9] A. Mambelli; I Romagnoli nelle armate napoleoniche, a cura della Cassa dei Risparmi, Forlì, 1969.